Al teatro Comunale di Gubbio, mercoledì 3 dicembre, alle 21, la Stagione di Prosa prosegue con uno dei testi più amati di William Shakespeare, RICCARDO III. Nei panni di uno dei “cattivi” più famosi del teatro di tutti i tempi vedremo un’intenso Jurij Ferrini, affiancato da Roberta Calia, Andrea Cappadona, Angelo Tronca, Matteo Alì, Francesca Muoio, Wilma Sciutto, Massimo Boncompagni, Pablo Franchini, Marco Zanutto.
“Ogni volta che si cerca di rappresentare “Riccardo III” di narrare la sua spietata ascesa al potere - dice Jurij Ferrini, che cura anche la regia, - occorre guardarsi da un pericolo fatale: tentare di aprire la sua mente e definirlo un “cattivo”; non che vi siano altri aggettivi più adatti a definire il malvagio protagonista della celebre tragedia, ma ogni aggettivo ne imprigiona la complessità e un interprete non può appoggiarsi su un solo carattere di questa sfaccettata invenzione teatrale.
Per mettermi alla prova come attore, come non bastasse il gigantesco ruolo, interpreto Riccardo da una sedia a rotelle, escludendo completamente l’uso degli arti inferiori. Un disabile moderno, anzi un diversamente abile e “alla faccia dell’abilità”…il mio Riccardo è meravigliosamente adagiato su una realtà “ornata” che gli consente dalla sua privilegiata posizione di escluso di decidere le sorti dell’intera Inghilterra.
E’ seducente, manipolatore, non teme di autocommiserarsi per ottenere i suoi scopi, mente spudoratamente e ride di chi gli crede, disprezza persino chi lo sostiene. Ma il suo cuore non lo vedremo mai per davvero, resterà il mistero che è alla base di questo fascinoso mostro, suadente e istrionico mattatore, abile politico e grande improvvisatore. Un modello politico quanto mai attuale: basti pensare a quando finge di rifiutare la corona e dichiara quanto per lui sia un “grande sacrificio”, qualcuno ricorderà il becco di ferro di un notissimo politico nostrano in periodo pre-elettorale che usò le stesse parole. La politica non è mai cambiata e la parabola di Riccardo diventa insegnamento per la nostra generazione.
Ecco perché la scena ricorda una scuola elementare, un luogo dove si aprono gli occhi sul mondo e poi “da grandi” si torna ad eleggere i potenti che ci governano. Ma “chi sta in alto è esposto alle raffiche dei venti e se cade si frantuma in pezzi” e così alla fine il più spietato dei potenti, immobilizzato nella sua piccolezza umana su una carrozzina, viene ucciso, in una battaglia che nel nostro allestimento ricorda una furibonda rivolta degli studenti in classe durante l’ora di ricreazione o una scuola occupata. In una grottesca pantomima in cui si esegue anche uno spoglio elettorale infuria ormai la guerra civile e i due schieramenti della rosa rossa e della rosa bianca ottengono ognuno il 50% dei voti. I giovani hanno imparato l’orrore della violenza dal loro stesso professore, insegnante di “politica machiavellica”.
Richmond vince la guerra ma tutti perdono la loro dignità di uomini in questa “cieca e forsennata violenza” Il fantasma della follia del potere.”